lundi 25 avril 2011

CHARITE MAL ORDONNEE : LA BASILIQUE SAINT PAUL HORS-LES-MURS OCCUPEE PAR DES GITANS


Rom occupano la basilica di San Paolo:


«Stiamo facendo la nostra via Crucis»("Nous faisons notre chemin de croix...)

In mattinata di venerdì le ruspe aveva fatto sgomberare i 300 rom dall'insediamento abusivo nel Municipio

CORRIERE DELLA SERA


Rom occupano la basilica di San Paolo:
«Stiamo facendo la nostra via Crucis»

In mattinata di venerdì le ruspe aveva fatto sgomberare i 300 rom dall'insediamento abusivo nel V Municipio

Due bimbi rom all'interno della basilica (Proto)
Due bimbi rom all'interno della basilica (Proto)
ROMA - Dei 300 nomadi sgomberati dall'insediamento abusivo a via dei Cluniacensi, a Casal Bruciato, nel V Municipio, 100 si sono accampati nella Basilica di San Paolo. Il giorno successivo alla polemica tra la Comunità di Sant'Egidio e il Comune di Roma, la questione degli sgomberi diventa incandescente. E in serata il presidente dell'XI municipio Andrea Catarci fa sapere: «La Basilica di San Paolo è stata chiusa e i nomadi, circa 150, «si trovano ora nel chiostro della Basilica».

LA PROPOSTA DEL COMUNE - «Da parte del Campidoglio, attraverso il delegato alla sicurezza Giorgio Ciardi, e della prefettura - spiega il presidente - c'è stata una proposta che ora è al vaglio delle famiglie rom. La proposta prevede che donne e bambini vadano per 15 giorni nel Cara di Castelnuovo di Porto e successivamente tutti i nuclei familiari si riuniscano in un campo attrezzato, probabilmente quello sulla Tiberina. Ora le famiglie stanno valutando il da farsi».

I rom occupano San Paolo
di Mario Proto

«GESTO ESTREMO» - Era stato il responsabile immigrazione dell'Arci, Claudio Graziano a far sapere nel pomeriggio che i rom avevano occupato la basilica: «È un gesto estremo per chiedere soluzioni abitative alternative al campo. Non andiamo via di qui fino a quando non ci verranno date». E successivamente erano giunti in basilica Giorgio Ciardi e l'assessore De Palo per cercare un accordo con le associazioni laiche e cattoliche presenti nel luogo di culto, tra le quali, l'Acli, la Caritas e la comunità di S.Egidio.

LETTERA AL PAPA - «Noi rom che viviamo da anni nelle baracche di questa città chiediamo aiuto alla Chiesa. Oggi le nostre baracche sono state distrutte, ieri quelle di altri rom a via Collatina, e prima quelle dell'ex Mira Lanza, di Via Severini e Lungotevere San Paolo». Inizia così la lettera scritta dai nomadi che si trovano nella basilica di San Paolo indirizzata a Papa Benedetto XVI. «È questa la nostra settimana santa - dicono- Le nostre baracche sono brutte e pericolose, ma dopo gli sgomberi ci troviamo a vivere per strada: uomini, donne, bambini, anziani e malati. Chiediamo alla Chiesa di aiutarci a fare sentire la nostre voci, prima delle lacrime per un'altra tragedia. Chiediamo alla Chiesa di sostenere la nostra richiesta: che per ogni sgombero ci sia un posto dove le intere famiglie possano essere accolte senza dividerci dai nostri figli per iniziare un vero percorso di integrazione».

I rom occupano la basilica di San Paolo
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«RIFIUTATO RIMPATRIO ASSISTITO» - A donne e bambini è stata offerta assistenza presso il Cara di Castelnuovo di Porto, ma nessuno di loro ha accettato. Agli abitanti del campo di via dei Cluniacensi - per il 60% minori - ha spiegato il delegato del sindaco per le politiche per la Sicurezza, Giorgio Ciardi, presente alle operazioni di sgombero «è stato offerto anche il rimpatrio assistito in Romania, ma preferiscono tornarci con i pullman, perchè nel primo caso non avrebbero più la possibilità di rientrare in Italia». L'amministrazione, ha aggiunto, «ha aggredito il fenomeno in alcune aree della città dove questa criticità era più forte, perchè in presenza di insediamenti abusivi il numero di reati è molto più alto. Era un problema che andava assolutamente affrontato».

I nomadi a San Paolo (Foto Proto)
I nomadi a San Paolo (Foto Proto)

«PROSTITUZIONE MASCHILE MINORILE» - Giovedì, ha spiegato il delegato, «nel tavolo in Prefettura con gli altri soggetti istituzionali interessati alla questione abbiamo deciso di continuare con questo intervento venerdì mattina, in un campo in cui c'era un'alta percentuale di pregiudicati. Inoltre la Polizia ci ha informato della diffusione della prostituzione maschile minorile, e pertanto una situazione del genere non era più tollerabile». Durante il censimento gli agenti della Municipale hanno portato via un ragazzo minorenne perchè senza genitori, che ora sarà trasferito in una casa famiglia. Ora si attendono le ruspe, che raderanno al suolo i capannoni e le baracche dell'insediamento, perché, ha concluso Ciardi, «oltre al degrado la situazione era molto pericolosa anche per gli abitanti stessi».

Nomadi lasciano il campo di via Severini (Jpeg)
Nomadi lasciano il campo di via Severini (Jpeg)

AMNESTY: «STOP AL PIANO NOMADI» - «Al termine dell'ultimo sgombero, oltre 1000 persone, comprese donne incinte e molti bambini, saranno state lasciate senza un tetto» sottolinea Amnesty International. «Di fronte alla mancanza di sicurezza e alle condizioni di vita inadeguate nei campi, la soluzione non può essere costituita dagli sgomberi forzati, che lasciano le comunità interessate in condizioni abitative e di vita peggiori». «Nell'azione urgente, i cui appelli vengono inviati per conoscenza anche al sindaco di Roma Gianni Alemanno e al ministro dell'Interno Roberto Maroni, Amnesty International chiede inoltre al prefetto Pecoraro di assicurare che gli sgomberi saranno considerati solo come la soluzione estrema - fa sapere l'organizzazione - ed eseguiti in pieno accordo con le garanzie previste dagli standard europei e internazionali sui diritti umani, che prevedono un'autentica consultazione e la messa a disposizione di un alloggio alternativo adeguato per tutte le persone colpite, senza che sia necessario dividere le famiglie. Alle comunità rom colpite dagli sgomberi forzati dovranno messi a disposizione alloggi alternativi adeguati».

Amnesty International, infine, chiede «di sospendere immediatamente il 'Piano nomadi' e disporre il suo riesame, consultando le comunità interessate, assicurando che la revisione del piano preveda soluzioni per l'alloggio alternativo adeguato per le comunità colpite dai provvedimenti, in linea con il diritto internazionale dei diritti umani ed evitando di perpetuare la segregazione».

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